sabato 3 agosto 2013

Efferata (in)giustizia!

Scrivo questo blog ascoltando "Chi ha paura della notte" della Premiata Forneria Marconi aka PFM, e curiosamente mi sorge il disio di condividere con Voi un pensiero che da un po' mi rimbalza nella testa in ragione degli ultimi avvenimenti di cronaca inerenti ad una, così detta, "riforma della giustizia".
La razza umana ha ricevuto dalla Natura il privilegio e l'onore di avere i mezzi necessari per aver modo di ergersi a despota del resto del Creato, ma la bramosia di esercitare questa tirannia è tale da averci spinti a voler controllare anche i nostri simili. Ecco il principio da cui nascono gli ordinamenti statali che da secoli regolano il vivere dell'uomo.
Odiernamente, la maggior parte dei modelli di Stato regola il proprio vivere nella guisa ideata da Montesquieu nel libro IX de "L'esprit des lois", siano essi separati od uniti sotto un unico designato: un sistema legislativo che aggiorni le regole precedentemente in vigore (in tal modo surclassando la somma legge ancestrale costruita ed indefettibilmente attuata tutt'oggi dalla Natura); un sistema esecutivo che coadiuvi il precedente potere nella produzione delle nuove norme; un sistema giudiziario all'uopo di giudicare e sanzionare i trasgressori delle suddette regole.
Quest'ultimo è forse il potere più pericoloso che mai si potrebbe attribuire a chicchessia. Constaterete anche voi di quanto la locuzione "Giustizia", con la lettera maiuscola, sia paragonabile un delitto di "lesa maestà" nei confronti di Colei che ci ha dato facoltà di brandire questa spada. Quale uomo può ritenersi così superiore da decidere come disporre dell'esistenza di un suo simile, privandolo della libertà od addirittura della vita? La Giustizia non esiste e mai esisterà, esiste la "giustizia" applicata dagli uomini a scapito degli uomini. E poiché nessuno potrà mai applicare la vera Giustizia, è inesorabile che sia l'uomo ad addossarsi questo amaro onere, ma il sistema si trova inesorabilmente contaminato dalla natura umana della nostra specie, guidata dall'egoismo, dai Sensi e dagli interessi più disparati.
Baluardi di questa (in)giustizia che graffia gli spiriti, iscuoia ed isquatra (Canto VI, Inferno, Divina Commedia) sono i cosiddetti "codici" che regolano le pene da affibbiare ai rei, tetri manifesti della soggettività dell'uomo che li ha stilati e posti a regolare e confinare le nostre esistenze.
In base a quali ancestrali dettami si è deciso che il delitto di omicidio debba essere punito "con la reclusione non inferiore ad anni ventuno" (art. 575 c.p.)? Nessuna, l'uomo ha stabilito questo limite. Ecco come la legge umana ha infettato la legge naturale, che sancirebbe invero la piena libertà di reazione al fatto. Qualora tu uccidessi mio figlio, come potrei reagire? Potrei uccidere il tuo primogenito, potrei uccidere te o potrei uccidere tutti i tuoi cari lasciandoti solo a pentirti del torto che mi hai fatto. Ma potrei anche sorvolare sull'accaduto od addirittura ringraziarti del favore, giacché mi ritrovavo con un figlio prodigo e scapestrato che, continuando a vivere, mi avrebbe solo portato disgrazie e dispiaceri. Guardate quanto le ali della nostra libertà sono state tarpate da delitti e circostanze.
In base a quali ancestrali dettami si è deciso che il delitto di rapina debba essere punito "con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da €516 a €2.065" (art. 628 c.p.)? Altro storpiamento delle libere leggi della Natura da parte delle arbitrarie scelte umane.
Per concludere, sulle note di "Chanson egocentrique" di Franco Battiato, abbassiamo la fronte di fronte alla triste verità che rende vana la speranza che un giorno tutto il Creato sia regolato dalla Giustizia, ma allo stesso tempo alziamo lo sguardo affinché constatiamo che il potere che taluni uomini "eletti" esercitano non è consono alla loro (anzi, alla nostra) natura, per cui le strade sono due: o abolire definitivamente l'esercizio della giustizia (invitante opzione che ricondurrebbe l'essere umano al medesimo stato col quale è venuto al mondo) od esercitarla col massimo rigore in modo che sia da monito per l'uomo e da punizione per il reo.

A. G.

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