sabato 4 gennaio 2014

La Stagione della Verità.

Inverno. Primavera. Estate. Autunno.
Questi non sono semplicemente i nomi con cui, da ancestrale usanza, si indicano le quattro stagioni, ma estendendone ulteriormente la portata è possibile vedere le varie sfaccettature con cui l'essere umano guarda al Creato, quante possibilità egli abbia di raggiungere la Verità e come ne determina la lucidità o l'opacità del modus vivendi.
Che dire dell'Inverno? Impietoso, ingombrante quanto la mole di abiti che dobbiamo indossare per sopravvivere alle sue pugnalate talmente fredde da bruciarci le viscere, il classico pretesto per rinchiuderci nel calore delle nostre dimore e lasciare che il mondo vada avanti. L'Inverno, a torto del suo nome, è davvero in grado di rendere la nostra vita un Inferno: esso chiude i nostri occhi con sferzate di vento antartico, screpola le nostre labbra a tal punto che una sola parola è in grado di tingerle di sangue, arrossa le nostre orecchie costringendoci a coprirli impedendoci di udire la Verità. La vita dell'Inverno è una vita cieca e stolta.
Si dovrebbe dire che il rovescio di quest'algida medaglia sia una vita rivolta alla Verità, augurandoci una eterna Estate a sostegno della gloria di quanto ci circonda, eppure non è così: innegabilmente le nostre menti sono più sgombre quando il Sole lancia i propri dardi infuocati sulla Terra, ma la canicola distrae i nostri pensieri ed arrugginisce i nostri ragionamenti, così da rendere la nostra vita ancora più stolta. E perché questo? Perché non siamo in grado di adattare il nostro intelletto al mondo che la Natura ha creato per noi esseri razionali, rivelando così la nostra indegnità a questo sommo privilegio a causa di cotanta debolezza.
Badate invece ai due equinozi. Il riferimento etimologico ad æquinoctium è superfluo, a noi è sufficiente percorrere la metà della strada, è sufficiente fermarsi ad æqui per carpire il sommo equilibrio di queste due stagioni: la nostra vita è equamente spartita tra Natura e Ragione, in modo da poter adattare il nostro intelletto all'ambiente in cui viviamo senza che l'uno sottragga valore all'altro, uguale spartizione come tra il Giorno e la Notte, sommo equilibrio a cui la nostra esistenza protende.
Ma è più equilibrata una vita in guisa di Primavera od in guisa di Autunno?
A tal proposito ritengo agevole inserire come deus ex machina un fenomeno atmosferico: la nebbia. Questa nube che tange il suolo, simbolo dell'Autunno tanto quanto l'albero rinsecchito e dalle foglie sanguinanti, è, a mio avviso, un monito rivolto a noi esseri viventi: ci sono cose oltre le quali non potremmo mai oltrepassare, se non a rischio della nostra vita e della nostra Ratio
La Primavera è per i superbi che credono di poter spiccare il volo gettandosi da un grattacielo, l'Autunno è per gli avveduti che riconoscono gli innati limiti stabiliti dalle leggi naturali. 
Viviamo la nostra vita come se fosse sempre Autunno, e ricordate: siamo venuti al mondo per fare grandi cose coi doni che ci sono stati riservati, ma queste cose, per quanto grandi, non saranno mai immense o mastodontiche od eterne come il progetto che la Natura ha costruito.

A. G.

Nessun commento:

Posta un commento